Insieme nello studio dell’artista
Il 3 febbraio 2017 Renato Volpini morì a Milano, ormai dimentico di sé e della propria arte. Dimenticato, anche, da quell’ambiente milanese dove aveva vissuto e lavorato a lungo, per sé – con la sua poliedrica, nutrita produzione artistica – e per gli altri – realizzando incisioni raffinatissime di opere di altri artisti.
Fiorella Tacca, determinata a organizzare una mostra, mosse mari e monti, bussò a mille porte per tributargli il giusto riconoscimento con una mostra di livello.
Riflettemmo che dovesse essere proprio Milano, la sua città, ad ospitare una sua antologica, in uno spazio pubblico di prestigio.
L’idea della mostra non decollò. Lo spazio non fu trovato.
Renato Volpini continuava a rimanere troppo poco conosciuto.
Fiorella decise di rendergli omaggio scrivendo un lungo articolo, che pubblicherò di seguito.
Insieme ci recammo nello studio dell’artista. Fiorella ricordava di avere visto quadri splendidi, che sarebbe stato opportuno fotografare e includere nell’articolo.
Mancavano le opere informali – mi disse.
Io le prestai il braccio. E la macchina fotografica. E andammo.
Entrare nello studio di un’artista è un’esperienza. Gioia infantile per gli occhi.
Come entrare in una camera dei tesori, nella caverna di Aladino. Un luogo inaccessibile, solitamente chiuso, vietato ai più. Capitarci è quasi un onore, un privilegio.
Entrammo con gli occhi spalancati a meraviglia, assaporando ogni stimolo visivo.
La luce estiva che proveniva dalla vetrata. Gli strumenti di lavoro di Volpini: colori pennelli matite, pennarelli…. rotoli di carta con disegni e progetti. Si percepiva la vita che avevano vissuto. La si poteva immaginare.
Le opere erano dappertutto: sui tavoli, sul pavimento, accatastate a mucchi.
Io e Fiorella ci muovevamo a passi leggeri, temendo di urtarle.
Non è come godere dell’arte in un museo. E’ assaporare l’arte nella sua fase progettuale, più pura e cristallina. Quasi violare uno spazio privato: è come leggere nei pensieri di una persona. Lo abbiamo fatto in punta di piedi, senza disturbare.
Paola Perusco ci aiutò a spostare quadri e a fare spazio per potere fotografare le opere sfruttando una luce più favorevole. Credo di avere passato in rassegna ogni angolo dello studio.
Ce ne siamo andate soddisfatte. Avevo le foto che servivano per l’articolo di Fiorella e insieme a quelle l’impressione di avere “intravisto” Renato Volpini, di essermi accostata alla sua arte.