In partenza per il mare, sommersa dalle valigie che sto preparando, scappo da casa all’insaputa di tutti per fare un salto, velocissimo, alla mostra fotografica di Andy Rocchelli.
Un’amica me l’ha fortemente consigliata, commovente, meravigliosa, ha detto.
Sono giorni che mi ripropongo di andare e finalmente ci riesco.
Bellissima. Incantevoli le foto, suggestivo l’allestimento.
Ho fatto anch’io delle foto che forse descrivono meglio delle parole la forza dirompente di quelle immagini. L’allestimento all’esterno, con le foto di grandi dimensioni assemblate grazie a strutture di ferro, le rende simili a sculture, addensandone il valore artistico.
Il colpo d’occhio del cortile del Broletto è spettacolare.
Anni fa mi sono appassionata di fotografia. Ho cominciato a scattare in bianco e nero. Le macchine digitali non esistevano, si cercava lo “scatto perfetto”.
Tecnicamente non ho mai brillato, ero pigra e trascuravo la luce, ma studiavo a lungo la composizione. Amavo le foto dinamiche ma ero lenta e perdevo sempre l’”attimo”.
Era un mistero per me, questo “attimo”. Il momento in cui la vita, nel suo movimento, raggiunge l’apice di espressività e rivela la sua bellezza. Arrivava, ne seguivo la traiettoria, lo vedevo correre via. Quello che ho sempre amato della fotografia di reportage è la sua aderenza alla realtà, quasi senza mediazioni. Quello che invece mi sbalordisce è la capacità che hanno alcuni fotografi di coniugare verità e bellezza fermando l’”attimo”. Questo stato di grazia l’ho trovato in tante foto di Andy Rocchelli.